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VISITE D’ISTRUZIONE, GLI STUDENTI DEL PASSONI CON LE DOCENTI MARAZZA, VERONESE & DEMICHELIS
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RIFLESSIONI LIBERE INTORNO ALLA VISITA GUIDATA PRESSO IL CASTELLO DI RIVOLI.
PREMESSA
Le classi 3E, 4ES e 4AS in data 12 Marzo hanno visitato la mostra personale dedicata ad Ana Mendieta e hanno visionato le opere dell’artista israeliana Michal Rovner (opera, video mapping ) e l’artista anglo-libanese Mona Hatoum ( opera, “Undercurrent Red” del 2008)
Il tema proposto dal Dipartimento Scuola ed Educazione del Castello di Rivoli è “la donna”, artiste donna che parlano “delle donne ” e naturalmente dei diversi aspetti di dolore, sofferenza e violenza che subiscono e le coinvolgono.
Si tratta di tre artiste, che denunciano con percorsi, modalità e vissuti diversi, situazioni, contesti, idee nel tempo e nello spazio inerenti forme di violenza ideologica, culturale, sociale e fisica sulle donne.
I ragazzi del LAM Passoni hanno avuto occasione di scoprire le artiste accompagnati da tre guide museali, tre giovani donne che hanno coinvolto gli studenti in un percorso di riflessione.
La visita guidata ha previsto la visione di un documentario biografico su Ana Mendieta e una libera fruizione delle opere esposte nella Manica Lunga da parte dei ragazzi.
In classe, la docente di italiano\ storia e il docente di restauro hanno attivato dibattiti sul tema.
Si è trattato di una sorta di verifica non solo di quanto i ragazzi hanno gradito e compreso l’attività proposta, di come hanno autonomamente cercato informazioni, sono rimasti coinvolti e colpiti positivamente o no, ma si è trattato di lavorare con le coordinate proposte proprio in occasione della nascita del blog dallo staff del Giornale dell’arte” in particolare le Dott.sse Catterina Seia e Paola Ravetti con il testo: “Che cosa me ne faccio dall’arte? Al lavoro e nella vita quotidiana” (La parola al pubblico e agli artisti) da una ricerca di Art For Business edito da Umberto Allemandi & C.
La domanda principale è: “A cosa può servire l’arte” e di conseguenza, “Quale messaggio mi lancia l’artista? qual’è il suo vissuto, il suo contesto e quindi la sua poetica? quali i temi, scelte contenutistiche e di conseguenza quali scelte formali fa l’artista?
Porsi queste domande pone il dibattito su diversi livelli, innanzitutto pone la questione sul rapporto scuola/istruzione e cultura, sulle proposte degli enti culturali e la loro reale fruizione da parte degli studenti.
Da questo percorso con i ragazzi, prima della visione della mostra, durante la visita ( i ragazzi dai 16 ai 20 anni hanno partecipato attivamente e con domande, interventi, hanno preso appunti e hanno realizzato un reportage fotografico) e successivamente in classe ( molti di loro si sono documentati, non solo leggendo il catalogo omaggio ma anche cercando informazioni in rete) è nato questo registrazione ” live ” dei loro dubbi, quesiti, riflessioni, considerazioni e dichiarazioni.
I livelli operativi sono stati due, uno spontaneo in cui soprattutto con la classe terza e quindi i ragazzi più giovani, sono nate considerazioni spontanee, dialoghi e dibattiti liberi sul tema chiave, ovvero, ciò che più li aveva colpiti e principalmente Ana Mendieta, la sua arte, la denuncia contro la violenza e la donna che subisce violenza.
L’altro livello operativo, proposto in un secondo momento alla classe terza e subito alle due quarte che hanno avuto modo di lavorare in tale modalità operativa in altre occasioni e collaborare con le equipe educative del Castello di Rivoli soprattutto in relazione al Passioni Blog e al Giornale dell’arte, è stato inerente alla poetica dell’artista, all’esposizione delle opere, al documentario e agli interventi delle guide museali nonchè alla forma editoriale del catologo.
I docenti coinvolti, Testa Roberta, Dario Colombo e Anna Ciocca colgono l’occasione per ringraziare la Dott.ssa Anna Pironti , la Dott.ssa Barbara Rocci, la Dott.ssa Paola Zanini per la disponibilità ad ospitarci al castello di rivoli, fare i complimenti alle tre guide museali, Cristina Corlando, Carmen Leon Marqueno e Valentina Ferrero.
Ringraziano inoltre il Giornale dell’arte che ci ha offerto un “metodo” nuovo per lavorare con i ragazzi, sia a livello teorico che a livello pratico con il Passioni Blog un ambiente virtuale privilegiato congeniale alle nuove generazioni in cui la SCUOLA e la CULTURA, in questa occasione il Castello Di Rivoli, collaborano attraverso i MEDIA.
“Mendieta live”
3E
RIFLESSIONI LIBERE INTORNO ALLA VISITA GUIDATA PRESSO IL CASTELLO DI RIVOLI.
Ana Mandieta
Sveva: il video è stato molto utile, dava un’idea chiara del contesto in cui viveva l’artista. Ho cercato altre informazioni in rete a casa, perchè sono molto interessata all’argomento. Ho scoperto che sono documentati episodi di violenza con il marito.
Quindi non era la prima volta in cui è morta che avevano avuto uno scontro fisico. probabilmente è stata l’ultima.
Credo che il vissuto drammatico della donna abbia influito molto sul suo lavoro.
Mi domando se arte e vita sono state così legate come è possibile che la sua arte di denuncia sia in contraddizione con la sua vita in particolare intendo…perchè si è lasciata fare violenza? Come è possibile che con la vita che aveva, persone che la sostenevano abbia accettato quella situazione?
Gianluca: il video era interessante. Anch’io sapevo del suo passato di violenze ripetute ma non mi ha stupito, in quanto anche nelle sue precedenti esperienze aveva un compagno in Messico che era un artista più anziano e famoso.
C’era già una dimensione gerarchica.
Come se la cercasse…sia a livello di formazione e prestigio in campo artistico sia a livello di coppia.
Probabilmente in una dimensione gerarchica è più facile che ci siano forme di violenza famigliare.
Lorenzo: a mio avviso l’ ha subita per una forma di masochismo, forse legata alla sua poetica.
Sveva: …cercava una qualche forma di sicurezza, ha scelto di lavorare con/sulla e nella natura perché cercava “madre natura”, un senso di appartenenza.
Questa è stata una possibile ragione per scegliere un rapporto gerarchico con artista più anziano e affermato.
Gianluca: ha passato la vita a denunciare violenze, furto di identità e libertà.
Ci colpisce come abbia accettato di essere una vittima…
Alessandra: essere una vittima è una necessità per esprimere la sua arte, vivere la sua poetica…un modo per “sentire” e quindi poter parlare, denunciare il dolore, la sofferenza.
Gabriele: essere vittima le permette di esprimere quel tipo di arte.
La poetica di un artista è frutto del vissuto e del contesto.
Gianluca: il problema della relazione con “l’uomo” viene fuori in varie circostanze.
Ho notato un evento della sua vita raccontato nel documentario, era rimasta colpita da un articolo sulla violenza in un campus, uno stupro, quindi è un tema ricorrente.
Alessandra: La mancanza di lucidità per il suo vissuto, probabilmente fa di lei una vittima involontaria; pur essendo forte non ha saputo evitarla su di se.
È comunque una persona emotiva e la sua arte lo esprime.
Mattia: probabilmente accettava quella dimensione di violenza perchè temeva la solitudine, l’abbandono, il vuoto.
Era passata da una famiglia all’altra in affido.
Sveva: comunque non comprendo, con tutto l’entourage di amici e colleghi ( si vede dall’intervista) questa sete di amore, questa mancanza di affetto… che il contesto positivo intorno a lei ( colleghi, amici e la sorella) che la avvertiva dei rischi non abbia comunque cambiato al sua sorte.
Per me è contrastante…denunciava la violenza e l’ha subita.
Un’ artista con la sua arte non è mai veramente sola.
L’arte non ti lascia solo. Se sei un artista non sei solo.
Damir: io trovo che questa sua dimensione autobiografica è innovativa ed è proprio il tema della sua arte; l’usare il suo corpo per esprimere idee e azioni.
Voleva una rapporto diretto con i suoi osservatori anche rischiando di sconvolgerli…lo spettatore è parte dell’opera.
Riccardo: oltre a dare una visione diversa della realtà, sceglieva di farlo per se stessa, per comprendere le emozioni, l’effetto che faceva.
Cercava comunque emozioni, intensità’.
Anche a me colpisce il suo rapporto con un compagno violento.
Forse era uno strumento, un vissuto, un esperienza per fare la sua arte.
Alessandra: subire violenza è una dinamica comune per molte donne.
Alessia: è vero, io posso avere un carattere forte ma bisogna trovarsi nella situazione perché in alcune circostanze ti comporti in modo inaspettato, tolleri e accetti.
Eleonora: molte donne credono, in queste situazioni di essere il problema, si sentono in colpa e non riescono ad uscirne…
Julieta: fin da bambine le donne dovrebbero essere consapevoli dei loro diritti, perchè altrimenti spesso accettano idee sbagliate….
Riccardo: ovviamente in questo processo ci sono idee sulle donne che hanno gli uomini e donne che convalidano queste idee…quindi è un processo che coinvolge tutta la società…come d’altronde c’è chi non le condivide sia uomo che donna…
RIFLESSIONI SCATURITE DA ALCUNE DOMANDE DELLA DOCENTE
Docente: Si può essere soli di fronte alla violenza, impotenti…incapaci di cercare e accogliere aiuto?
Gruppo classe: si, è necessario denunciare la violenza, divulgare le informazioni, per rendere consapevoli le persone, renderle partecipi, offrire accoglienza e notizie su dove e come trovare aiuto e sostegno.
Docente: quindi, i media e la società possono intervenire e cambiare le cose…la CULTURA e quindi l’arte, l’informazione, la SCUOLA possono condizionare questo fenomeno…
Riccardo: certo bisogna intervenire sui media, mutare l’immagine della donna (la mercificazione della donna, è una forma di violenza, di furto di identità.)
Lorenzo: i media sono lo specchio della società, si dovrebbe fare uno scomodo esame di coscienza collettiva che forse la stessa Mandieta ci suggerisce…
Docente: possono secondo voi i media cambiare il modo di vedere le donne e quindi di proporre nuovi modelli anche a costo di compromettere il loro successo e quindi rientro economico?
Alessandra: se cambia il modo di vedere…soprattutto se cambia il modo di vedere dei giovani…
Alessio, e delle donne!
Alessio, Riccardo, Lorenzo e Alessandra, arte, cultura ( scuola) investono sui giovani perchè sono il futuro e possono cambiare le cose.
Docente: il Dipartimento del Castello di Rivoli a partire da chi organizza, allestisce la mostra, redige il catalogo…e la propone nella scuola stanno lavorando in quest’ottica?
Gruppo classe: si certo…portare gli studenti…fare dibattito…riflettere sullo scopo dell’arte.
Lorenzo: si perchè non bastano le carte costituzionali…si tratta più che di diritti che sulla carta sono tutelati di definizione di identità collettiva, non di leggi dello stato.
Alessio: la mostra è servita perchè è importante riflettere sugli eventi.
Lorenzo: la Mendieta è vittima di violenza ( è esule senza patria, subisce la violenza del marito) perché la subisce e in un certo senso e inquisitrice piuttosto violenta a sua volta nelle scelte espressive perchè denuncia la violenza grazie a se stessa.
Docente: quindi, forse, stiamo rispondendo a Sveva…arte e vita coincidono e non si contraddicono?
Docente: perchè secondo voi la Mendieta ha avuto tale fortuna critica e di pubblico?
Daniela: la mostra ha avuto tale successo per l’argomento che propone, la violenza culturale e fisica che e’ di attualità’ ma non e’ trattato con la dovuta attenzione dai media.
Damir: credo dipenda dal fatto che la Mendieta usa il suo stesso corpo come opera d’arte (yo soy la mi opera) una delle prime ad usare questo percorso artistico.
Usa il suo corpo per fare arte e denuncia.
Sveva: il tema e già stato trattato a mio avviso, non è certo per l’originalità del messaggio; io penso che i motivi siano:
– e’ donna
– si muove in un contesto artistico in cui imperano minimalismo e arte povera
– la sua e’ una vita di lotta per imporsi come artista alle sue condizioni, cioè utilizzando vari linguaggi e tecniche ( fotografia, performance, installazioni, video)
Quindi non si tratta solo del tema dell’abuso sulla donna ma come artista esige rispetto verso la donna in generale e verso le sue scelte ( tema e forma) artistiche e private per promuovere la sua arte.
É una scelta che non e’ vincolata da limiti commerciali e di successo.
É indubbio che lei rappresenta nel suo stile di vita ciò’ che riversa nell’arte, questa sua autenticità è il motivo del continuo successo.
Mattia: la dimensione autobiografica influisce, per ciò in cui credeva ed il modo in cui e’ morta.
Docente: come avete trovato l’allestimento?
Alessia: ottime le collocazioni, le luci un po’ meno.
Francesca: diversa dal solito ma bella, qualche problema con le luci che interferivano con la proiezione dei video.
Eleonora: si può’ letteralmente passeggiare tra le opere, mostra molto emozionante e diretta, si adatta alla poetica dell’artista.
Joelle: ho gradito l’allestimento della sala proiezioni.
Mattia: bella, ma ci sono molte opere, forse troppe per un paio d’ore, si rischia di perdere le piu’ importanti, questo tipo di allestimento molto coinvolgente rischia di essere molto dispersivo.
Alessia: non si viaggia solo nello spazio, ma anche nel tempo e dentro di lei.
Sveva: le opere sono tutte riferite ad uno stesso concetto, la cosa le ricollega nonostante l’ampio numero ( il Louvre che possiede numerose opere diverse tra loro e’ una cosa molto dispersiva e del tutto diversa, questa mostra invece e’ letteralmente un solo concetto racchiuso nella manica lunga).
Mattia: un po’ si ha il timore comunque nella varietà’ e quantità’ di perdere un pezzo fondamentale del puzzle.
Alice: ci vorrebbe molto tempo anche per prendere appunti e fare qualche schizzo o disegno.
4ES
Docente: i media e la società possono intervenire e cambiare le cose rispetto al problema della violenza sulle donne…la CULTURA e quindi l’arte, l’informazione, la SCUOLA possono condizionare questo fenomeno?
Giorgia: i media non sono solo specchio della società ma condizionano la società.
Matteo e Loredana: ai media non interessa intervenire sulla società se non gli conviene.
Giorgia: i media sono soprattutto comunicazione, molti non usano in modo critico i media. e quindi “assorbono” tutto. bisogna essere critici.
Ciò che mi da senso critico è l’educazione, la famiglia e la SCUOLA.
La scuola deve fornire informazioni fondate, obiettive su cui costruire il proprio pensiero. Deve offrire anche un metodo per cercare informazioni e conoscenze corrette.
Alice: tutto ciò che non è media può aiutare a gestire i media.
Anche la cultura contribuisce alla lettura dei media.
Quindi SCUOLA, CULTURA, ARTE possono intervenire sui media.
Giorgia: la cultura è arte e promozione dell’arte ma spesso i mass media non danno spazio alla cultura.
Alice: questo accade anche perchè la media della gente chiede cose banali, mediocri….quindi i media offrono ciò che la maggior parte del pubblico vuole.
Giorgia: un popolo ignorante è più facile da governare.
Se io sono colta, posso promuovere un cambiamento positivo.
Luca, Pietro: forse non possiamo cambiarlo totalmente ma personalmente dobbiamo essere consapevoli e critici
Pietro: per esempio più vedo mostre più cresce la mia cultura.
Loredana: andare a visitare una galleria, vedere una mostra, soprattutto una visita guidata serve ad aprirti gli occhi a livello di contenuto e forma, ti spinge a cercare ulteriori informazioni.
Debora: più uno conosce più uno vuole conoscere.
Pietro: rispetto alla mia formazione artistica la Mendieta mi ha offerto confronto e stimolo perchè è chiaro che questa artista aveva un progetto che riesce a realizzare, lei non ha rinunciato nonostante numerose e varie difficoltà.
È un messaggio per me, per noi.
Giorgia: noi siamo andati alla mostra e sappiamo che dobbiamo anche imparare ad “utilizzare una mostra” per trovare riferimenti e stimoli.
È un modo diverso per trattare un argomento, molto pertinente con il nostro indirizzo.
Fare cultura attraverso l’arte.
È bellissimo essere interdisciplinari, imparare attraverso cose diverse…saper fare collegamenti.
Docente: come avete trovato l’allestimento?
Giorgia: mi è piaciuto, era in ordine cronologico, ti permetteva di comprendere l’evoluzione del pensiero dell’artista…e mi ha dato un impressione di continuità, sembrava non conclusa, come la sua vita.
Vanessa: mi ha dato l’impressione di continuità e fluidità.
Alice: ,non mi sono piaciute tutte le opere ma mi è piaciuto come sono state proposte.
Giulia: non ho gradito la scelta truculenta violenta di certe opere, questo mi ha impedito di comprenderle.
Rossella: la mostra mi è piaciuta anche se mi sono posta delle domande e non ho condiviso certe sue scelte formali, il suo lavoro è lontano da ciò che considero arte.
Veronica: ho compreso i temi ma la scelta formale mi ha dato fastidio, mi è lontana la dimensione autolesionista.
Pietro: ho trovato interessante il tema della violenza, l’uomo e la natura, ha usato molti linguaggi artistici, video, fotografia, performance, pittura, scultura.
Mi è piaciuto l’eclettismo formale rispetto ad un unico tema e contenuto.
Mi è piaciuta l’idea di usare la violenza per fare arte, superando se stessa le sue paure come il video in cui viene sacrificato il pollo (Untitled (Chicken Piece)_2, 1972
Il contesto è importante per le scelte che fa l’artista anche se alcune scelte sono molto forti.
Matteo: la violenza è stata utile perchè ha raggiunto lo scopo nella comunicazione.
Questo è un risultato.
4As
Docente: avete trovato interessante questa mostra?
Marzia: la mostra è bella però mi ha scioccato, in particolare alcune opere.
Mi ha colpito quella della deformazione del corpo attraverso la lastra di plexiglas, (Untitled, Glass on Body Imprints), 1972 il corpo della donna è oggetto di desiderio per l’uomo, si modifica e trasforma per lui.
Mi ha impressionato il cambiamento e la deformazione del corpo.
Mi ha fatto capire il tema della violenza sulle donne, che le spinge ad adattarsi per piacere.
Altra opera molto “forte”, la performance in video, Sweating Blood perché ha fatto vedere quanto si può avere autocontrollo nella gestione del dolore.
Davide: non mi piace la Body Art, mi colpisce più vedere un disegno con un messaggio profondo, trovare o estrapolare il messaggio offerto in modo meno evidente non così diretto, non amo l’autolesionismo, il dolore nell’arte non è necessario.
Si può comunicare il messaggio del dolore con modi meno diretti, però un video mi ha colpito quello della macchia di sangue vicino alla porta e il disinteresse dei passanti “Untitled Moffitt Building” (Senza Titolo, Edificio Moffitt), 1973.
Donatella: mi ha coinvolto il messaggio ma non le opere.
C’è della creatività nel lavoro ma le opere sono troppo crude e forti.
Alberto: perchè a lei è così piaciuta professoressa?
Docente: mi ha subito coinvolta oltre al messaggio la scelta formale, il rifarsi all’arte antica e primitiva, la dimensione della storia nelle sue opere, la ripresa del passato, il coinvolgimento della natura, la dimensione materica dei suoi lavori ma anche l’astrazione di forme geometriche in cui si inserisce il corpo della donna.
È totalizzante, il passato primitivo e vivo attraverso la scelta dei materiali, acqua, fuoco, terra, corteccia, foglie e la dimensione dell’arte contemporanea, forme stilizzate, uso di diversi linguaggi come fotografia, video, scultura, pittura.
Alberto: non mi piace perché e un lavoro che per esprimere un pensiero e un’idea non è davvero artistico cioè non è virtuosistico.
Davide: è un lavoro imitabile, il fatto di dover fare opere “vendibili” come spiega nel video, tipo l’intervento sul tronco fa perdere valore e forza al messaggio della lotta contro la violenza. È una scelta commerciale.
Poi non mi é piaciuto quello del pollo (Untitled (Chicken Piece)_2, 1972, la truculenza.
È un lavoro emotivo, denuncia di sicuro quello che ha vissuto, il valore non è nel lavoro figurativo ma nel percorso emotivo.
È evidente che il contesto della vita e fondamentale per comprendere le sue opere.
Edoardo: la mostra non mi e piaciuta perché ha usato il sangue, non deve creare sconvolgimento col sangue ma per il lavoro artistico, sia nel pensare all’opera quindi a livello di idea, sia nel realizzarla.
I diritti civili delle donne non vanno espressi col dolore. Se sei contro la violenza perché usi la violenza?
Simone: non mi sono piaciute le opere sui tronchi, create solamente per venderle, così perde il significato, non e più una denuncia, è arte commerciale.
Questo viene chiaramente detto nel video dei suoi conoscenti.
Il documentario era interessante, mi e’ piaciuto soprattutto quando l’amica racconta dell’esperimento sul cactus che sono fioriti dopo la sua morte…perché sembra che comunque lei abbia cercato di incidere sulla vita.
Alice a mio avviso il sangue è d’impatto e raggiunge lo scopo, il sangue e l’espressione della sofferenza e anche dell’essere esule in ogni luogo.
Mi sono piaciuti i riferimenti all’arte cubana, alla magia nera un altro tema per mettere in luce la sofferenza e il suo mistero.
Docente: la società, la cultura, la scuola e quindi i media possono cambiare le cose rispetto alla violenza sulle donne?
Ciro: l’ argomento è molto discusso, la scuola dovrebbe essere un buon veicolo per lanciare questo messaggio, le future generazioni devono avere una mente più aperta rispetto a questo problema.
Anita: la scuola e i media potrebbero informare di più, e la società dovrebbe occuparsi maggiormente della violenza sulle donne.
Docente: la scuola ci permette di partecipare a mostre, ad eventi a progetti inerenti a questi argomenti per cercare di sensibilizzare gli studenti.
Carlotta P.: la discriminazione femminile e gli atteggiamenti di violenza nei confronti delle donne sia fisici che ideologici sono elementi troppo radicati nell’essere umano da troppo tempo, esistono preconcetti difficili da abbattere.
Le donne sono solo sempre state pensate come macchine per la riproduzione, gli uomini potevano studiare, potevano avere favori e vantaggi.
Carlotta M.: sono i media a influenzare, i media forniscono il concetto ideale della donna.
Docente: quali opere della Mendieta vi hanno colpito e perchè?
Carlotta M.: sono opere toccanti, ti procurano uno shock dovuto all’utilizzo del sangue.
Elena: poche avrebbero realizzato opere così “forti” per denunciare uno stato sociale ancora presente in molte parti del mondo.
Docente: perchè a vostro avviso abbiamo scelto proprio questa artista? sono molti gli artisti che si sono occupati e si occupano di questo tema…
Marzia: perché i professori hanno voluto coinvolgerci su questo argomento con una mostra che poteva essere interessante e poteva farci ragionare molto.
Ciro:. perché ci volevano far vedere come l’arte può essere utilizzata come strumento di critica.
Carlotta M.: puó sensibilizzare sulla condizione femminile anche attraverso il vissuto dell’artista stessa.
Edoardo: la condizione dell’artista era lontana dalla situazione dell’Italia in questo momento, perché era altrove e ha vissuto per poco tempo in Italia lontana da noi nel tempo.
Oggi una donna in Italia nasce in un determinato contesto ha più diritti rispetto a quelli che ha avuto l’artista anche se l’Italia è sempre stato un paese maschilista.
Docente: facciamo allora una riflessione sulle due altre due artiste che abbiamo scoperto al Castello di Rivoli: Mona Hatoum e Michal Rovner
Edoardo: i paesi di origine di queste artiste sono paesi in cui la condizione femminile è tragica: Nord Africa e Medio Oriente.
Alberto: . il video della Rovner fa impressione, la stanza , la proiezione, la musica incutono timore.
Docente: vero, ti senti niente di fronte al video, il movimento della massa viene interrotto dalle crepe sul muro. L’ impotenza della situazione.
Elena: le crepe nel muro sono lo sfondamento della barriera.
Simone: le due figure nel video malgrado siano grandi trasmettono un idea di debolezza.
Docente: questo avviene perchè memorizziamo dalla nascita delle forme che rimandano a soggetti; immagini prestabilite da noi.
Alice:. mi è piaciuta l’ idea della Hatoum, ben strutturata ( opera, “Undercurrent Red” del 2008) più facile da interpretare; interessante concettualmente e visibilmente bella.
Il tappeto rimanda anche alla cultura del paese d’origine dell’artista ( Beirut ).
Docente: citando Cristina (la guida) bisogna guardare le opere in modo diverso, non si può guardare un Caravaggio con gli stessi occhi di quando guardiamo un opera d’arte contemporanea, un lavoro del calibro della Mendieta per esempio.
“bisogna cambiare occhiali di fronte a opere di genere diverso ” non rimanere ancorati ai valori estetici di Michelangelo, Raffaello…
Davide: il talento lo si vede quando l’ artista riesce a far trapelare il proprio messaggio attraverso l’ opera.
Docente: le guide museali sono state chiare e precise, disponibili al dialogo con noi…siete d’accordo?
Carlotta M.: la guida ( Carmen) ci ha coinvolto, si è sofferma quasi su tutte le opere, spiegandole in modo interessante e coinvolgente.
Francesca: la guida era davvero molto preparata, il catalogo è un idea innovativa interessante e da portare avanti. la mostra era strutturata bene. mi ha colpito che alla biglietteria abbiamo trovato un cartello che avvisava che la mostra non e adatta ad un pubblico sensibile.
Docente: che ne dite del catalogo?
Donatella: il catalogo che ricorda un quotidiano è un’ ottima idea, interessante per i visitatori, diversa.
Docente: il catalogo sviluppato in questo modo e adatto a una mostra di arte contemporanea, un catalogo alternativo ; ha dei costi molto più bassi rispetto a un catalogo vero e proprio; i testi sono tradotti in inglese proprio come in un catalogo tradizionale ma con un taglio diverso.
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INTRODUZIONE DELLA PREMIAZIONE DEL CONCORSO “IL FUTURO SIAMO NOI”
di Gabriele Artusio
La classe 3^E in data 22 Marzo si è recata presso il Museo Regionale di Scienze Naturali per la premiazione del Concorso il “Futuro Siamo Noi” indetto dall’Associazione amici dell’Antiquariato accompagnati dal Prof Gizzarelli e la Prof Testa.
La classe ha aderito al concorso con alcuni lavori grafico pittorici e fotografici dedicati ad alcuni reperti scelti dai ragazzi fra le collezioni del Museo di Antichità.
Gli studenti coordinati dal Prof Colombo di restauro e dalla Prof Testa di italiano e storia hanno selezionato alcuni preziosi e antichi reperti per salvaguardarli, conservarli e restaurarli per tutelarli nei prossimi trenta anni.
Questo era il tema proposto dal Concorso a cui hanno partecipato scuole di ogni ordine e grado compresa l’Accademia Albertina.
L’evento è iniziato alle 10,15 con l’introduzione affidata all’esecuzione di alcuni brani musicali della giovane orchestra dell’istituto comprensivo di Almese, guidata dai professori Bosio e Bunino, al quale è seguita una breve dimostrazione di teatro da parte della stessa scuola.
A seguito sono stati proiettati alcuni video fra i quali uno dedicato alla Sacra di San Michele.
La premiazione ha visto numerosi allievi di altrettante scuole come l’Anna Frank, il Salvemini e la stessa Accademia di belle arti.
Per il Passoni è stata premiata Eleonora Mantella e data una menzione a Damir d’Amico della 3^E.
La cerimonia si è conclusa con la visita alla mostra e l’Associazione ha offerto un graditissimo e generoso rinfresco.
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IL MONDO ALLA ROVESCIA – LA VIOLENZA ASSASSINA DELLE DONNE NEL MITO GRECO
di Chiara Pinard, Federica Gaeta, Ludovica Castelli, Cecilia Campobenedetto, Melissa Tiberti & Diana Armando
Terza Liceo Classico nuovo ordinamento – Liceo Classico N. Rosa – Susa
In occasione della festa della donna il Museo di Antichità di Torino ha organizzato una visita guidata gratuita in merito alla violenza “assassina” delle donne nel mito greco.
Generalmente nel mondo greco la donna non godeva di una grande considerazione, aveva una ristretta vita sociale, confinata nel gineceo: la zona della casa destinata alle donne; infatti, uscendo raramente di casa e quindi non prendendo mai il sole, queste ultime nelle pitture vascolari venivano rappresentate con una carnagione più chiara rispetto a quella degli uomini.
Questa condizione non era propria delle donne spartane che godevano di una maggiore libertà e inoltre era loro consentito di partecipare alle gare atletiche e di allenarsi come gli uomini.
In questo clima abbiamo però nella mitologia greca delle figure femminili contrarie come ad esempio le Amazzoni, e divinità come Atena e Diana, mentre nell’ambiente del culto misterico di Dioniso le Baccanti.
Questi modelli femminili riportati nel mito, il mondo alla rovescia, giustificavano la condizione femminile nel mondo reale e dunque incoraggiavano le donne ateniesi e non perseguire una vita indipendente.
Infatti le Amazzoni, figlie di Ares e Armonia, erano delle guerriere che avevano creato una società di sole donne, ispirandosi a un modello maschile, in cui paradossalmente la presenza degli uomini era utile solo alla procreazione e alle attività servili.
Qualora fosse nato un maschio sarebbe stato cacciato o storpiato.
Esse negavano la loro femminilità, ciò è testimoniato dal significato greco di Amazzone ovvero “senza seno”.
Per questo loro stile di vita, nella lotta contro gli eroi greci, queste guerriere perderanno sempre e la loro punizione sarà la morte o l’abbandono dell’ordine che avevano stabilito.
Atena invece era considerata con duplice natura (come la quasi totalità delle divinità greche): da una parte era la dea della guerra, nata già armata dalla testa di Zeus, dall’altra era anche la dea della pudicizia, della sapienza e della tessitura e perciò poteva essere presa a modello dalle donne greche.
Per quanto riguarda Diana, dea della caccia, era rappresentata come una dea selvaggia che amava inoltrarsi nella natura e farne parte.
A questo modello si ispiravano le Baccanti, seguaci del culto di Dioniso, che di notte si recavano, vestite di pelli, sui monti alla ricerca di un contatto diretto con la divinità a cui sacrificavano animali dei quali in seguito bevevano il sangue e ne mangiavano le carni crude per prenderne la forza.
In questo caso il comportamento selvaggio e violento delle Baccanti, che richiamava l’antica condizione incivile dell’essere umano, si contrapponeva allo status delle donne nel mondo attuale, civile, che risultava così giusto.
Dunque la violenza assassina delle donne nel mito greco era finalizzata ad ammonire le donne su ciò che era sbagliato, a convincerle che la loro condizione era giusta perché giustificata dal mito.
Questa mostra è stata molto costruttiva e interessante, l’unica critica che possiamo riportare è che nel giorno della festa della donna si sono state presentate le figure delle Amazzoni, le quali ripudiavano se stesse e la loro femminilità, aspetto non appropriato per festeggiare la donna.
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Torino città della moda
Slow fashion, so good!
di Silvia Schirinzi, 5aCS
Torna a Torino, prima capitale del fashion, “La Moda Indipendente” a far parlare di sé, sostenuta da CNA FederModa.
Evento finalizzato a creare azioni concrete in grado di incidere positivamente sull’opinione pubblica sensibilizzando i consumatori verso l’acquisto di prodotti di manifattura Italiana nel settore tessile.
Durante il congresso dell’il Marzo tenutosi al Museo Nazionale dell’ Automobile di Torino, Vitaliano Alessio Stefanoni, responsabile CNA FederModa, ha introdotto la sua guida” Slow Fashion for Slow shopping: la moda di qualità a km zero.”
Una piccola guida ma molto preziosa dove, nelle sue 96 pagine, si citano molti stilisti e produttori Italiani Torinesi indipendenti del settore moda, si cerca di invitare i consumatori ad uno shopping intelligente e a chilometro zero che premia le aziende produttrici in ambito di Moda a Torino e provincia.
Non si parla di Moda griffata, ma di Moda di alta qualità che nasce da stilisti e artigiani e, a volte, direttamente eredi della Torino Capitale dell’800.
Slow Fashion è stato ideato per sostenere le imprese Italiane e non far dimenticare la Moda intelligente, la manifattura, il km zero ed il made in Italy di qualità.
Aziende che spesso non hanno la forza di comunicazione dei grandi brand, sono realtà per le quali la CNA Torino ha creato il marchio collettivo slow fashion 100 % Italian Fashion for Slow Shopping.
Una qualità senza compromessi, dunque, per uno shopping che fa bene all’economia e sostiene la manifattura Italiana.
La prof.ssa Monica Pontet, docente della scuola Aldo Passoni, ha avuto il piacere di intervenire sulla ricerca e scoperta su Torino di nuovi talenti e nuove generazioni di stilisti.
Recensione Silvia Schirinzi studentessa e Fashion Blogger presso
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Scarpette rosse in piazza – per dire basta alla violenza di genere
di Arianna Scebba & Letizia Trotta 2°
Liceo classico, Liceo Norberto Rosa di Susa
In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, vogliamo ricordare l’installazione Zapatos Rojos dell’artista messicana Elina Chauvet, presentata in piazza Castello a Torino – quarta città europea a partecipare al progetto dopo Milano, Genova e Lecce – a cura di Francesca Guerisoli.
Centinaia di scarpe femminili tingono di rosso la pavimentazione, creando un percorso, una rete di solidarietà che vuole dire basta alla violenza sulle donne.
Ogni paio rappresenta una donna, la violenza subita.
Il rosso, che da simbolo della violenza stessa diviene metafora della forza, della volontà di opporsi ai maltrattamenti, dell’energia fisica e mentale.
Un rosso che non fa più male ma che permette alle donne di alzare la testa e lottare – non più donne cancellate dalla violenza di genere, di cui rimangono solo le scarpe, ma pronte a lottare contro vessazioni e ingiustizia.
Il progetto di arte pubblica rimanda alla situazione di Ciudad Juárez, città del Nord del Messico al confine con gli Stati Uniti. Qui, a partire dal 1993, gli atti di violenza sulle donne si sono moltiplicati.
Il fenomeno è stato preso in scarsa considerazione da autorità e media, ma è proprio a seguito di questa orribile e impunita violenza, dettata da una cultura maschilista, che, nel 2009, Elina Chauvet ha dato vita a Zapatos rojos.
È a Juárez che per la prima volta compare il termine “femminicidio”.
Al liceo Norberto Rosa di Susa stiamo raccogliendo e preparando le nostre paia di scarpe rosse per trasferire l’idea e l’installazione di Elina Chauvet nell’ambito del percorso della violenza contro le donne inserito nel progetto Human Rights Friendly School in collaborazione con Amnesty International, attivo presso l’Istituto segusino da quattro anni.
La performance degli studenti avrà luogo in data da destinarsi. Ne daremo notizia sul blog.
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“Zapatos Rojos”: l’arte contro la violenza di genere
Info trovata da Erica Marretta
Decine di scarpe rosse “invadono” Torino.
Nella centralissima Piazza Castello è stata ricreata l’installazione di arte civile “Zapatos Rojos” della messicana Elina Chauvet.
Una spettacolare distesa di calzature di ogni tipo, tutte dello stesso colore, creata per denunciare la violenza sulle donne a partire dal caso terribile di Ciudad Juarez, città simbolo del femminicidio.
Ogni paio di scarpe sta a indicare l’assenza della donna che le portava.
Il progetto, promosso dalla Città di Torino e da Amnesty Internetional, è stato inaugurato dal’attrice Caterina Vertova.
Fonte : la Repubblica TORINO.it
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8 marzo al Museo di Antichità
In occasione della Festa della Donna, come secondo appuntamento del ciclo “Crimini da museo”, eventi e conferenze tra archeologia e scienze forensi , il Museo di Antichità propone una visita guidata, con inizio alle ore 17.30
Il mondo alla rovescia: la violenza assassina delle donne nel mito greco
Una mitologia dalle tinte forti; storie di donne che infrangono l’ordine dato dagli uomini, Menadi scarmigliate capaci, in stato di trance, di dilaniare animali, cantori e re, Amazzoni guerriere, “selvagge e barbare” che rinnegano la femminilità e combattono come maschi contro gli uomini. “Nel mito” come scrive Eva Cantarella “il potere femminile, quando non è lo specchio di un ritorno allo stato selvaggio, altro non è che la realtà sociale capovolta, ribaltata, spesso addirittura impensabile”.
Al termine della visita, sarà offerta alle donne partecipanti una degustazione.
L’attività è realizzata e offerta dall’Associazione Itineraria.
Per informazioni:
Museo di Antichità
Via XX Settembre 88 – Torino
011/5212251
sba-pie.museoantichita@beniculturali.it
www.museoarcheologicotorino.beniculturali.it
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GIORNATA DI STUDIO – Nuove professioni al servizio dell’arte
La Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo in collaborazione con il MIUR organizza per il 19 marzo p.v. una Giornata di Studio sul tema Nuove professioni al servizio dell’arte.
GIORNATA DI STUDIO
Nuove professioni al servizio dell’arte
Venaria Reale, 19 Marzo 2013
Aula Magna “G. Urbani”
Fondazione Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale
Piazza della Repubblica – Venaria Reale
ore 10.00 – Saluti
Anna Maria Poggi, Presidente Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo
Silvana Di Costanzo, Vice Direttore Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte
Alberto Vanelli, Direttore La Venaria Reale
Luigi Quaranta, Presidente Fondazione Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”
modera
Marina Bertiglia, Consigliere della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo
ore 10.30 – Apprendere il Saper Fare
Sebastiano Bagnara, Docente di Psicologia al Cdl design dell’Università di San Marino
ore 11.15 – Un allestimento multimediale per LA BARCA SUBLIME, saperi a confronto
Davide Livermore, Regista e curatore dell’allestimento della mostra La Barba Sublime
Gianbeppe Colombano, Dirigente Area Fruizione La Venaria Reale
Tomaso Ricardi, Responsabile mostre La Venaria
Silvia Varetto, Coordinatrice Servizi Educativi La Venaria Reale
ore 11.45 – Le Tecnologie al servizio del Restauro
a cura della Fondazione Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale
Stefania De Blasi, Responsabile Centro Documentazione
Gianna Ferraris di Celle, Restauratrice laboratorio dipinti su tela e tavola
Massimo Ravera, Responsabile laboratorio arredi lignei
ore 12.15 – Le Tecnologie al servizio dell’orientamento
Vittorio Campione, Consigliere del Ministro dell’Istruzione per le nuove tecnologie
ore 12.45 – Proiezione del video sul restauro della Barca Sublime e introduzione alla visita
Conclusioni
Lucrezia Stellacci, Capo Dipartimento MIUR
ore 13.30 Lunch buffet
ore 14.30 Visita guidata alla Mostra LA BARCA SUBLIME
Vedi anche : Intervista al Prof Marco Demmelbauer sulla Barca Sublime – La Peota Reale
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“Se questi sono gli uomini” di Riccardo Iacona
Lunedì 4 Marzo 2013 – ore 21.00
Torino – Teatro Astra – Via Rosalino Pilo, 6
di Riccardo Iacona, da un’idea di Laura Salvetti Firpo, recital a cura di Pietra Selva, con Massimo Verdastro, Gloria Liberati, Raffaella Tomellini, Alberto Valente, Vilma Gabri.
Ingresso unico 5 euro.
Info 011.787780 – 7808717.
Associazione Il libro ritrovato – TPE Teatro Piemonte Europa – Viartisti Teatro/Teatrimpegnocivile.
Nel foyer esposizione di Frontera, parole e segni a cura di URZENE sul femminicidio.
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