Il viaggio ad Auschwitz è stato un colpo al ricordo. Le sensazioni che ho provato sono indescrivibili a tal punto da avere la pelle d’oca. Le cose che mi hanno
più impressionata sono stati i capelli delle donne, tagliati e ritrovati nel campo ed anche entrare nello spogliatoio che conduceva alla camera a gas. Entrare in quella stanza e vedere i buchi da dove usciva il gas è stato tremendo ma soprattutto mentre visitavo il luogo avevo impresse nella testa le immagini delle vittime che dovettero agitarsi in quella stanza.. un ricordo che mi rimarrà per sempre.
Questa è l’unica foto che ho scattato nel campo di concentramento di Auschwitz, l’unica cosa che secondo me vale la pena fotografare per ricordare,perché il resto che ho visto il giorno 22 febbraio 2018 di sicuro non lo scorderó mai. La frase significa “quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”, e nell’epoca in cui viviamo credo che sia il più grande insegnamento che il campo di Auschwitz possa dare: il passato non va dimenticato,va anzi insegnato alle nuove generazioni perché solo così si potranno evitare gli stessi orrendi e inutili errori.
Quando sono entrata ad Auschwitz ho deciso di non scattare foto per non distrarmi e per cercare di catturare le immagini e le sensazioni con la mente ed il cuore.
Ho notato l’aria pesante e ciò che mi ha colpito sono state le foto di uomini, donne e bambini e gli effetti personali.
Mi sono messa nei panni di un qualsiasi deportato, ho visto le foto presenti e ho ascoltato/osservato ciò che hanno dovuto subire. Questo mi ha fatto sentire partecipe di quel momento storico e allo stesso tempo comprendere una piccola parte di quell’umiliazione che devono aver provato ogni giorno.
Siamo arrivati in un posto che sembra abbandonato, circondato dalla tristezza del gelo e dove sembra che la natura sia morta; all’interno sembra che tutto sia morto.
Coloro che sono stati qui hanno forse nutrito la speranza di vivere per andare avanti e resistere al freddo che indeboliva la mente e il corpo.
La visita ad Auschwitz mi ha provocato sensazioni che a parole forse non possono essere descritte. Sorpassata la scritta “arbeit macht frei” ho deciso di immaginarmi una di loro, che sorpassa il cancello nel 1941 però; ho deciso per tutta la visita di immaginarmi spoglia, nuda della mia identità, proprietaria neanche di me stessa, senza privacy e intimità, costretta a 12 ore di lavoro, botte, punizioni, dolore.. tutto questo però con la consapevolezza che da quel cancello sarei uscita. Quello che è accaduto è un orrore, milioni di persone uccise, persone innocenti, persone normali perché siamo TUTTI uguali: le razze non esistono, che cosa sono?
La visita che abbiamo fatto ad Auschwitz è stata terrificante.
La cosa che più mi ha colpito è stato vedere i letti e immaginarmi le vittime nelle condizioni in cui la guida ci raccontava, ovvero risvegliarsi ricoperti di neve o di escrementi di altri deportati. Ho provato ribrezzo nell’immaginare Hitler creare un orrore così grande e immaginando persone che gli stanno dietro nel realizzare una cosa del genere.
L’immagine che più mi ha colpito della visita ad Auschwitz, è stata la sala dove ci sono le scarpe, poiché dietro ad ogni scarpa c’è una persona, che è partita con una speranza nel futuro. Le scarpe rispettano la personalità di una persona, togliendo le scarpe e i vestiti togli l’identità.