a cura di Enea Barberis Jalla 4^Bs
Liceo Artistico – Musicale – Istituto d’Arte “Aldo Passoni” di Torino
Nata nel novembre del 1992, Giuliana Rosso si è diplomata all’Istituto d’Arte Aldo Passoni di Torino nell’estate 2011.
Attualmente è iscritta al secondo anno del corso di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Torino.
Già a soli quindici anni ha dimostrato il suo talento vincendo il primo premio ad un concorso di pittura per ragazzi fino ai sedici anni indetto dall’Associazione Culturale “Chiave di Volta” di Banchette (To).
Nel 2010 ha invece partecipato ad un evento indetto dall’Associazione “Immagina” di Casalborgone (To), una mostra collettiva in occasione della festa della donna “Fatti di Donne”, ed ha realizzato l’illustrazione del manifesto e dell’opuscolo informativo di un altro evento, indetto anch’esso dall’Associazione “Immagina”, il festival-concorso di cortometraggio “Monfilmfest”.
I ritratti di Giuliana Rosso appaiano estremamente profondi e le sensazioni che comunicano sono complesse e articolate.
Nell’osservare queste opere, lo spettatore si sente incentivato ad ammirarle con maggiore attenzione e a ricercare il messaggio che esse intendono trasmettere.
Questo non è sempre complesso da percepire tuttavia, anche dove risulti di facile lettura, a caratterizzarlo è una comprensibilità stratificata.
Infatti, anche lo spettatore distratto che capiterà davanti ad alcune di queste opere riuscirà probabilmente a cogliere il concetto che vogliono comunicare e si sentirà per questo gratificato e soddisfatto, ma più a lungo si soffermerà a studiare il soggetto ritratto, maggiori saranno i gradi di comprensione, e quindi di apprezzamento, che riuscirà a raggiungere.
Solitudini. Questo è uno dei quadri che tra tutti attrae maggiormente l’attenzione.
Sarà solo perché ha dato il nome alla mostra e quindi vi si aspetta qualcosa di particolarmente illuminante?
Probabilmente no, perché ancor prima di poter leggere il titolo si viene attratti dalla sua composizione e dal forte messaggio che da essa traspare.
La solitudine, per l’appunto.
Ma è una solitudine particolare, perché non è quella condizione che solitamente si associa al termine, la presenza di un individuo in un deserto desolato, in mezzo ad un mare sconfinato e privo d’anima viva.
No. Il soggetto ritratto, una donna, si trova in mezzo a tante altre persone.
Ma il suo volto spicca notevolmente su quello degli altri, e sembra appartenere ad una creatura di una specie diversa da quelle che la circondano.
Le altre figure rappresentano un fronte unito, compatto, impeccabile e ostile: un fronte che ha riconosciuto qualcuno di diverso e lo ha isolato a causa della sua natura.
Questa massa uniforme e asettica, ha incontrato una persona diversa dagli standard a cui era abituata, una persona la cui natura differente non doveva necessariamente costituire un pericolo, ma chiedeva unicamente di poter sopravvivere rimanendo coerente ai propri principi, alle proprie opinioni e al proprio modo di essere.
La reazione dei più, i cui effetti traspaiono dagli occhi mesti ma decisi del volto in primo piano, non è stata quella di asserire il proprio disappunto in merito ad una scelta di vita che non condividono, bensì quella di riconoscere, isolare e tentare di annientare chi ha deciso di percorrere una strada differente da quella scelta dagli altri.
Appare quindi conseguente la comprensione di come sia possibile essere più soli che mai, anche quando si è circondati da milioni di altri individui, perché sono stati proprio questi ultimi a riunirsi in un branco ottuso, vociante e affamato, e a dare la caccia ad una preda che altra colpa non aveva se non quella di essere diversa.
Due strade divergevano in un bosco, ed io —
Io presi quella meno battuta,
E questo ha fatto tutta la differenza.
Robert Frost
Le opere di Giuliana ritraggono soggetti tipici della nostra società: lavoratori di diverso tipo, propugnatori di opinioni politiche, freelance determinati a raggiungere il loro obbiettivo, afflitti e disillusi.
Altrettanto vasti sono i temi trattati, benché siano in qualche modo tutti uniti da un sottile filo conduttore: malinconia, isolamento, rassegnazione e preoccupazione, ma al contempo determinazione, orgoglio e fierezza.
I dipinti che nascono dall’unione del soggetto scelto e del tema di fondo non si possono definire esattamente belli di una bellezza ideale e forse riconosciuta dai più, ma sono di certo estremamente realistici nei concetti alla cui rappresentazione mirano.
Tanto che in alcuni di essi si possono individuare quasi distintamente due espressioni e due emozioni in un unico volto.
Questo è il caso del quadro intitolato La Condanna.
Il lato destro di questo lascia trasparire una sorta di minaccia ferma e incontrovertibile, vi si legge una condanna che sembra stare per giungere.
Il lato sinistro invece da un’impressione di dolorosa rassegnazione ad una condanna che sembra essere già giunta.
Malinconia, quanto Solitudini, è un’opera che attrae lo sguardo di chi la scorge anche solo per un attimo.
Gli occhi della donna ritratta; sono certamente questi che invitano inevitabilmente ad avvicinarsi e a guardarli.
Essi comunicano una mestizia in qualche modo accettata.
Non un’afflizione sopraffacente il suo possessore, ma un generale sentimento di tristezza che è entrato a far parte così profondamente della persona in questione da essere da questa tenuto per le briglie come un cavallo recalcitrante ma di cui non si può fare a meno.
Gli occhi richiedono forse semplicemente di essere guardati, ma chi ad essi sta dietro chiede allo spettatore qualcosa di più.
Gli chiede di comprendere una parte del dispiacere che la attanaglia, nell’intento di sentirsi meno sola e abbandonata in un mondo che spesso sembra non avere più nulla da dare se non un tristo veleno che penetra nelle anime degli uomini rodendole dall’interno fino a trasformarle in spettri piatti e inconsistenti, sorretti solo più dall’istinto di arrancare nella scia della propria esistenza.
Tutte le opere d’arte hanno di fatto due personaggi principali nella storia della loro vita: l’artista che le porta alla luce e il fruitore ultimo, lo spettatore, che è tuttavia tutt’altro che passivo, in quanto egli in qualche modo rielabora nella sua mente l’opera per poterla comprendere ed apprezzare.
Questo discorso è perfettamente applicabile ai dipinti di Giuliana, per i quali l’osservatore ha un’importanza fondamentale.