di Diletta Garbarini 3^D
del Primo Liceo Artistico Statale di Torino
Mercoledì 8 febbraio alle 17.30 le mie compagne ed io ci incontriamo all’ingresso del Museo Arti Decorative Accorsi-Ometto, in via Po 55 aTorino, per l’inaugurazione della mostra “Sacro alla luna” aperta dal 9 febbraio al 1 luglio 2012, curata da Gianfranco Fina.
Apprendiamo durante l’attesa che il Palazzo Accorsi, un tempo chiamato Domus Padi, prima di diventare un museo e ancor prima di essere la residenza dell’antiquario Pietro Accorsi, era una casa religiosa annessa alla chiesa dedicata a Sant’Antonio Abate, commissionata dai Padri Antoniani.
Con l’abolizione dell’ordine degli Antoniani, il palazzo passò nelle mani dell’Opera della Mendicità Istruita. Il celebre pittore Antonio Fontanesi occupò alcune stanze del palazzo,dal 1826 fino alla morte, avvenuta il 17 aprile 1882, come ricorda la lapide all’ingresso del museo. A partire dal 1956, la casa incominciò a riprendere vita grazie a Pietro Accorsi che acquistò l’intero palazzo e destinò a sua dimora e a galleria d’arte il piano nobile. Eseguendo le volontà testamentarie dell’antiquario, il suo allievo Giulio Ometto restaurò completamente il palazzo, rispettando la storia secolare dell’edificio e rendendolo degna sede della collezione del Museo delle Arti Decorative.
All’apertura del museo ci sono così tante persone che ci sbrighiamo a salire la grande scala che porta ai piani superiori.
Per raggiungere “la stanza degli argenti” bisogna passare da un corridoio laterale coperto da un originale pavimento che, per la sua lucentezza, mi ha dato l’impressione di una distesa d’acqua, le pareti sono ornate di pilastrini dorati e finestre ad arco che si affacciano sul cortile interno.
Quando arriviamo nella sala espositiva degli argenti, ci troviamo avvolti da un alone di magia: a tutte quattro le pareti sono addossati diversi espositori, dentro ai quali è racchiusa un’ infinità di oggetti, realizzati durante il XVIII secolo con la funzione di decoro o uso nei ricevimenti, che risaltano nella stanza buia, illuminati da faretti posti direttamente sotto o davanti agli oggetti.
La mostra è notevole sia per la quantità di pezzi esposti, sono infatti più di duecento, sia per l’alta qualità della fattura.
Si possono ammirare una decina di zuppiere, tra cui la coppia realizzata da Paolo Antonio Paroletto, con trofei di caccia; una quindicina di caffettiere, tra le quali si distinguono quella decorata con la testa di cervo realizzate per la Reggiadi Stupinigi (fig.1) e quella eseguita da Giovan Battista Tana per il marchese Del Carretto con lo stemma nobiliare applicato a sbalzo;circa settanta zuccheriere con le decorazioni più varie ed originali.
Particolari le trenta tazze da puerpera, che ricordano un tradizione dei tempi passati: il dono della tazza da brodo in argento alla novella mamma; tra i pezzi in mostra spicca la tazza con coperchio e vassoio realizzata da Andrea Boucheron, uno dei più grandi argentieri torinesi, del quale sono rimaste solamente una decina di opere, quattro delle quali sono presenti nella mostra.
Particolarmente interessanti per le loro decorazioni a triallages e a festoni i piatti ebraici perla Pasqua, caratterizzati dalle grandi dimensioni unite a una sorprendente leggerezza.
Da segnalare la coppia di doppieri (candelabri a due bracci) di Carlo Bartolomeo Minutto in stile rococò, decorati con motivi floreali .
La fioritura di quest’arte è dovuta anche all’apprezzamento e all’appoggio dei Reali Savoia, come dimostra della celebre Orphevreriè, fabbrica fondata nel 1775 all’interno di Palazzo Reale da Amedeo III.
Alcuni oggetti sono significativi non solo per la loro bellezza ma anche per il loro valore storico, come ad esempio il rinfrescatolo del servizio Turinskij (fig.2), testimonianza dell’apprezzamento del Gran Duca Paolo di Russia (che in seguito diventerà Zar Paolo I) e della consorte per le opere degli argentieri torinesi, conosciute durante una visita alla corte dei Savoia. Gli aristocratici russi a questi argentieri commissionarono, tra il 1787 e il 1793, un servizio di circa 220 pezzi, di cui rimangono solo cinque esemplari : quattro all’Ermitage e uno presente alla mostra Accorsi.
Il merito della mostra Accorsi è di aver avvicinato un vasto pubblico alla conoscenza di splendidi oggetti d’arte di solito relegati nell’ambito degli studiosi e degli specialisti.