Truly Design
Galo Art Gallery Torino
recensione di Gaia Chieregatti 4^As & Stefano Donna 3^As
Ci accoglie, presso la Galleria Galo Art, Emanuele Ronco, in arte Rems 182, che ci presenta la mostra dei componenti del gruppo “Truly Design”, di cui egli stesso fa parte. Sono quattro giovani artisti con formazioni differenti uniti dalla passione per la street art. Provenienti da ambiti e interessi molto diversi (Accademia di Torino, IED, Facoltà di Giurisprudenza e Design al Politecnico) da questa peculiarità hanno saputo arricchire i loro stili, dando vita ad un’arte in continua crescita ed evoluzione.
La mostra intitolata “Questo non è un graffito” prende spunto da un loro vecchio lavoro, ci spiega l’artista, un murales che cita la famosa opera di Magritte “Questa non è una pipa”. La citazione diventa messaggio e il messaggio fissato su muro diventa pubblicità. Questo è infatti uno dei temi trattati dalla mostra: l’impatto sociale dei messaggi pubblicitari subiti passivamente, contrapposti e confrontati ai contenuti veicolati dalla street art. Le prime opere che ci presenta Rems si intitolano “Spettri Urbani”. Si tratta di una serie di ritratti dei writers che hanno contribuito a costruire la scena dei graffiti di Torino. Mani e mascherine protettive si fondono con i volti, creando un gioco di trasparenze che cela, e, al tempo stesso mostra, la loro identità. Ambivalenza che rispecchia la realtà: la necessità dei writers di restare nell’anonimato (si tratta sempre di una forma d’arte illegale, perchè “imbratta” spazi pubblici) convive infatti con il bisogno di far conoscere la propria arte spesso attraverso l’imposizione ripetuta della propria tag. “Un graffittaro si cela e rivela nel suo stesso lavoro. E’ la sua firma il suo volto, la sua notorietà continuamente dichiarata”.
Un’altra serie di tele, opere di Rems, rispecchiano la riflessione dell’artista sulla definizione di “graffito”; questi dipinti rappresentano, infatti, alcune parole chiave, prese dalla definizione data da wikipedia, poste sopra il simbolo dell’arte di strada, la bomboletta spray. Anche i questo caso vengono utilizzate le modalità comunicative dei media, che attraverso parole e immagini veicolano contenuti e messaggi.
Tra i lavori del secondo componente del gruppo presentato da Rems, Mach 505, ci sono delle foto che mostrano la vita comune dei Truly Design, e contestualizzano l’identità del gruppo mostrando le loro modalità di lavoro. Sempre di Mach 505 sono piccole tele che rappresentano inquietanti metamorfosi in ambito notturno urbano tra animali e attrezzature tipiche del clubbling usate dai DJ: queste sono state usate come flyer per il “Puddhu Bar”, noto locale dei Murazzi.
In galleria poi sono esposte grandi tele dedicate ai viaggi interstellari: “ Nei momenti di maggior smarrimento non ci si può abbandonare ad un cammino incerto, con passo insicuro e destinazione ignota: l’unica soluzione è prendere una mappa e seguirla. Se non si è in possesso di una mappa bisogna crearsela con mezzi propri”. Seguendo questo concetto, Mach ha creato attraverso scale cromatiche grigie e arancio varie intersezioni tra costellazioni, leggibili da diversi punti di vista.
Sono invece di Mauro 149 sei “operette immorali” nella sala superiore della mostra. Come ci spiega Rems e come chiarisce la didascalia scritta direttamente sul muro sopra i disegni, stanco dei suoi lavori precedenti, incentrati su paesaggi surreali e psichedelici, Mauro ha realizzato sei vignette in ecoline che raccontano ironicamente e cinicamente alcuni comportamenti umani che lo circondano.
Chiude la mostra una serie di fotografie di anamorfismi, (ovvero disegni creati grazie a un particolare effetto percettivo che permette di riconoscere come unitaria un’ immagine disegnata su diverse superfici solo attraverso un particolare punto di vista) realizzati da Ninja 1 in una fabbrica torinese abbandonata, ora utilizzata abusivamente come spazio per l’organizzazione di rave party . Opera dell’ultimo dei quattro artisti, dunque, è un anamorfismo più semplice di quelli presenti nelle fotografie creato solo su due pareti, che reca la frase “Questo non è un anamorfismo”, riprendendo il titolo della mostra.
Le idee non convenzionali e le tematiche trattate nella mostra, attuali, ma soprattutto concrete, offrono un profilo dei quattro giovani artisti in cui molti di noi vorrebbero riconoscersi e che per molti di noi, studenti di Liceo Artistico, rappresentano sicuramente fonte di ispirazione, sia dal punto di vista espressivo sia come stile di vita. Elemento di indubbio interesse è che una galleria ospiti al suo interno l’arte di strada, caratteristica degli spazi urbani aperti, esposta agli sguardi veloci dei passanti. Questa volta le opere si propongono in spazi finiti, chiusi, che circoscrivono le opere nel tempo e nello spazio e catturano totalmente l’attenzione dell’osservatore. L’arte dunque, si afferma e si impone.