Venerdì 3 maggio, Teatro Perempruner
Testo e regia di Pietra Selva. Collaborazione alla messa in scena di Laura Balocco
In scena la classe 2^ F del Liceo Artistico Passoni
“Chi si ricorda di Rita? Temo non molti. In ogni caso troppo pochi per l’affettuosa e riconoscente memoria che una società sana e delle istituzioni attente dovrebbero riservare a chi ha perso la vita a causa delle mafie”.
Così scriveva qualche anno fa Don Luigi Ciotti.
In effetti, la storia di Rita Atria è conosciuta da pochi: è stata una delle tante donne vittime, cresciuta in una famiglia mafiosa, che ha visto morire il padre e il fratello.
Rita ha sentito tutto, visto tutto. Rita sa e non tace: ha soli diciassette anni quando diventa collaboratrice di giustizia del giudice Borsellino, che diventa suo confidente, soprannominandola affettuosamente “picciridda”.
A Roma, sotto protezione, Rita pensa di essere libera finalmente, di poter vivere una vita normale, ma in realtà è sola. Ha tradito la famiglia, le tradizioni.
Non è più nessuno, non appartiene a nessuno.
Lo sconforto diventa tangibile e la speranza che esista una vita felice sembra sempre più un’illusione.
Una settimana dopo la morte del giudice Borsellino in Via d’Amelio, Rita si suicida.
Nessuno partecipa al suo funerale a Partanna in provincia di Trapani, né i compaesani, né i famigliari; la madre, che l’aveva ripudiata per aver disonorato la famiglia con le sue rivelazioni, arriva a profanarne la tomba, distruggendo la lapide e la fotografia.
Pietra Selva, autrice e regista teatrale, in collaborazione con le professoresse Laura Balocco e Wilma Gabri e la classe 2^F del Liceo Passoni, affrontando il dramma di Rita, ha realizzato un lavoro coraggioso, vero e forte. A denunciare una volta di più, a non tacere.
Il teatro è uno strumento educativo, una via privilegiata per forgiare coscienze, per innescare l’impegno civile.
Il teatro, con la sua carica emozionale, può, meglio di ogni altro mezzo, scrutare, mettere a nudo le paure, i desideri, le pulsioni specie nei giovani, può ricomporre persino le relazioni interpersonali all’interno di una classe.
In Picciridda, la storia di Rita è narrata dal coro, da cui emergono i personaggi che poi al coro ritornano; come afferma l’autrice, “il coro crea lo sfondo emotivo del dramma: nessuno sarà Rita e tutti saranno Rita.
Le sue parole prenderanno vita sulla scena e diverranno canto che invoca la speranza di una vita migliore, l’amore e i sogni cari ai giovani, canto che chiede giustizia per tutti i vivi e i morti”.
I giovani attori della 2^F, pressoché coetanei della picciridda, hanno mostrato un totale coinvolgimento emotivo e hanno acquisito una nuova consapevolezza: Rita Atria, a soli 17 anni, affermava che la mafia è in primo luogo fenomeno di cultura, e sconfiggerlo si può, se in primo luogo si sconfigge la mafia che abita dentro ciascuno di noi.
Soltanto una mentalità che cambia potrà mettere fine a tutto questo dolore.
E spettacoli come Picciridda avranno buona parte a spronarne il cambiamento.
La rappresentazione si è avvalsa degli inserti musicali della violinista Nadia Bertuglia; in chiusura è intervenuto Andrea Sacco ad illustrare le iniziative sul territorio portate avanti dall’associazione Libera Piemonte.
Maria Bellocchio