di Giulia Carletta 3^D
del Primo Liceo Artistico Statale di Torino
Alle prime luci dell’alba Palermo è già in pieno fervore.
Al mattino nel quartiere dell’Albergheria, è inutile la sveglia: dalle strade risuonano le “abbanniate”, ovvero i richiami dei venditori che, tutt’altro che timidi, a gran voce attirano l’attenzione dei passanti con frasi alquanto incomprensibili per i non “locali”.
Il mercato, che si estende da Piazza Casa Professa ai bastioni di Corso Tukory verso Porta Sant’agata, è il più antico della città.
Una storica tradizione quella dei mercati, che fin dall’epoca dei Fenici venivano allestiti a Palermo.
Tra i più caratteristici e suggestivi vi sono oltre a Ballarò, quelli della Vucciria, del Capo e delle Pulci.
Il nome Ballarò deriva da “Bahlara”, il villaggio nei pressi di Monreale dal quale provenivano i commercianti che frequentavano il mercato.
Palermo è stata fondata nell’ottavo secolo a.C. dai commercianti fenici, che la chiamarono con il nome Zîz, che in fenicio significa “il fiore”. Numerose erano, allora come oggi, le occasioni per fare buoni affari!
Passeggiando tra le bancarelle o, per meglio dire, facendosi strada tra la folla e tentando di non inciampare nelle cassette di legno abbandonate in giro, si viene immediatamente rapiti dal fascino del mercato.
Qui si vendono i prodotti locali siciliani, che oltre a un ricco patrimonio artistico ne possiede uno gastronomico altrettanto invidiabile. E’ impossibile non farsi confondere dai colori e dai profumi di questa meravigliosa Terra.
A fare da padroni sono i banchi che vendono le erbe aromatiche, ingredienti fondamentali della cucina sicula. L’aroma di basilico, origano, alloro e centinaia di altre piante riporta a tempi lontani, tempi in cui le donne che andavano a fare la spesa al mercato sentivano gli stessi profumi nell’aria.
Le spezie poi non mancano, ben presentate in ceste di vimini. Sulle bancarelle si può trovare praticamente di tutto, dalle famosissime arance ad ogni tipo di verdura, ortaggi, carne e soprattutto pesce.
Seduti dietro a dei minuscoli banchi i pescivendoli intrattengono i clienti, mostrando loro la freschezza della merce.
I turisti si avvicinano incuriositi, un po’ intimoriti dalle affilate mannaie dei mercanti. Il pesce fin dall’antichità è stato il piatto forte sulle tavole dei popoli mediterranei, in particolare su quelle dei meno abbienti, che lo utilizzavano come sostituto della carne.
Le influenze dei popoli che hanno colonizzato l’isola hanno lasciato il segno, oltre che nell’arte, anche nella quotidianità, e ancora oggi si può sentire il richiamo dei tempi lontani. Basti pensare che molte ricette che ancora oggi caratterizzano la cucina tradizionale dell’isola derivano proprio dagli antichi.
La carne era riservata ai ceti più elevati, mentre il pesce (più economico) veniva preparato facendolo arrostire, bollire o conservandolo sotto sale.
Sulle tavole fenice non mancava mai il garum, una salsa ottenuta facendo fermentare in delle grandi vasche sotto il sole il pesce.
Non dai Fenici ma dagli Arabi fu invece inventata la ricetta della pasta con le sarde.
Come avviene per tutti il colpo di genio, fu frutto di una casualità e come tanti piatti della cucina mediterranea nasce dalla povertà e dalla scarsità degli ingredienti.
Secondo la leggenda, il cuoco del generale Eufemio, in occasione dello sbarco in Sicilia, costretto a sfamare le truppe e trovando a sua disposizione solo pesce e finocchietto selvatico, unì questi due ingredienti aggiungendo un po’ di zenzero e da lì nacque la base della ricetta.
Passeggiando a Ballarò è possibile scorgere alcuni tesori architettonici di rara bellezza comela Chiesadel Carmine Maggiore, risalente al ‘600, con la sua splendida cupola rivestita da maioliche. La chiesa è uno degli emblemi del barocco siciliano.
Ricco di fascino e contaminazioni, il mercato di Ballarò è una tappa obbligatoria durante un soggiorno a Palermo.
Viaggiando nel tempo attraverso i luoghi e i sapori un giro nel mercato di Ballarò è un’esperienza unica, non solo per gli occhi ma per tutti i cinque sensi.