di Claudio Errico 3^D
del Primo Liceo Artistico Statale di Torino
La Toscana è uno dei territori italiani che più ha visto evolversi l’arte umanista-rinascimentale; e dopo oltre 600 anni non ha ancora smesso di sorprenderci. Certo il modo di fare arte è cambiato, ma nonostante questo il modo in cui gli artisti di Viareggio lavorano alla cartapesta è veramente straordinario.
Se ci addentriamo all’interno della graziosa cittadella del carnevale, famosa per la sua buona reputazione nel presentare divertenti e bellissimi carri allegorici dal 1925, possiamo lì visitare il Museo della lavorazione della cartapesta. Una volta entrati e saliti al primo piano, si può finalmente ammirare il grande salone con illustrazioni sulla lavorazione della cartapesta, gli studi effettuati, i progetti e i premi assegnati alle opere più belle e originali dei carnevali passati.
Inoltre una piccola zona è dedicata alla lavorazione e ai vari stadi che precedono la strabiliante realizzazione di queste opere. Si parte dall’ideazione dei soggetti poi ci si occupa della struttura portante, per arrivare alla modellatura in creta, seguita dalla formatura in gesso ed infine all’applicazione della carta e alla colorazione.
L’attenzione dello spettatore può essere anche attratta dalle locandine e dalle riproduzioni in scala (rappresentanti le maschere più famose del carnevale) realizzate da artisti italiani, fra cui Enrico Pranpolini, Lucio Venna, Moses Levy e Umberto Bonetti, al quale è dedicato ampio spazio a testimonianza del suo lungo e intenso rapporto con il Carnevale di Viareggio.
Nonostante il museo della cartapesta non sia considerato uno dei musei più belli e importanti d’Italia, c’è da dire che la tecnica della cartapesta, in una società sempre più indirizzata verso la computerizzazione, valorizza la creatività, privilegiando l’operatività manuale e, in particolare, l’utilizzo ed il recupero di un materiale “usa e getta”.